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Prima parte Freud si batteva affinché le sue scoperte venissero riconosciute come delle scoperte scientifiche; egli intendeva proporre delle tesi verificabili su quello che chiamava " apparato psichico ". Con questo termine egli intendeva definire i tratti che attribuiva alla psiche : "la sua capacità di trasmettere e di trasformare una determinata energia e la sua differenziazione in sistemi o istanze".1 Ne L'interpretazione dei sogni (1900), Freud confronta l'" apparato psichico con degli apparati ottici. Egli intende "rendere comprensibile la complessità del funzionamento psichico distinguendone i vari costituenti ed attribuendo ad ogni parte costitutiva dell'apparato una funzione". Il termine di " apparato psichico " è concepito da Freud come un modello che rinvia alla fisica o alla biologia. Metafore che si spiegano con la volontà freudiana di creare un sistema a cui dare il nome di " metapsicologia ". Termine col quale Freud annuncia il progetto globale di una critica scientifica della metafisica.2 Se la conoscenza dell'anima è stata innanzitutto una parte importante della metafisica cristiana, la, " metapsicologia ", al contrario, dovrebbe essere concepita come una sorta di biochimica o di sistema energetico dell'anima. Si tratta della trasposizione dei termini e dei metodi delle scienze naturali in psicologia, ne è un esempio il caso del principio freudiano della costanza improntata al primo principio della termodinamica. In questo caso, la funzione dell'apparato psichico sarebbe quella di mantenere l'energia interna dell'organismo al livello più basso possibile. Non si dovrebbe però sottostimare, secondo Susanne Lüdemann, la dimensione critica della metafisica che sarebbe inerente alla metapsicologia freudiana. Freud si presenta qui come positivista e figlio dell'Illuminismo deciso a combattere le " illusioni religiose ", le mitologie e le superstizioni del suo tempo. Questo atteggiamento corrisponderebbe ad una tendenza generale della sua epoca e risponderebbe anche ad una situazione personale di Freud che non intendeva né ritornare alla fede dei suoi padri né convertirsi al cristianesimo e che trovava nei discorsi puramente scientifici dell'anima una sorta di alternativa. La nozione di " apparato psichico " non aveva niente a che vedere con le principi delle differenti religioni. La metapsicologia dovrebbe in qualche modo interpretare in maniera diversa la metafisica. Nella sua opera Psicopatologia della vita quotidiana (1901), Freud afferma che una parte considerevole della visione del mondo mitologico, che si troverebbe anche nelle religioni moderne, non sarebbe altro che una proiezione della psicologia verso l'esterno. La costruzione di una realtà soprannaturale dovrebbe essere ritradotta in termini di psicologia dell'inconscio. Susanne Lüdemann sottolinea la circolarità delle argomentazioni freudiane: se la " visione del mondo mitologico " è secondo Freud la proiezione della psicologia verso il cielo, la sua metafisica sarebbe, in maniera analoga, una proiezione della mitologia nell'anima. Freud trasforma immediatamente la "realtà soprannaturale" delle religioni in una "realtà psichica" degli uomini. La lotta degli dei diviene anche la lotta endopsichica tra le nostre spinte emotive e la resistenza che ad esse si oppone ; il destino imposto dagli dei diviene determinismo psichico. In tale contesto di riduzione antropologica delle entità metafisiche, le spinte emotive divengono una sorta di nuovi dei. Freud stesso le chiama nel 1932 ne Le Nuove conferenze sulla psicanalisi degli "esseri mitici", e finisce per indicare la teoria delle spinte emotive come "la nostra mitologia".3 Nella corrispondenza con Einstein, Freud pose nel 1933 la seguente domanda: "lei ha forse l'impressione che le nostre teorie siano un genere di mitologia che, nella fattispecie, non ha niente di confortante? È diverso per voi nel campo della fisica?"4 Freud aveva postulato in questo dialogo con Einstein (Perché la guerra?) l'esistenza di una pulsione di morte che porterebbe gli uomini allo stato inanimato e che ne spiegherebbe le tendenze aggressive e distruttrici. Freud stesso designa questo postulato come una "speculazione", leggi una forma di mitologia. Ed egli chiede ad Einstein se la fisica, nella sua parte "speculativa", non possa essere considerata anch'essa "una forma di mitologia". "Se la scienza nel suo insieme fosse una sorta di mitologia, si chiede Jacques Bouveresse, non potremmo capire l'ostinazione con la quale Freud ha tentato di far riconoscere la psicanalisi come una teoria scientifica. 5 Wittgenstein considera a sua volta la psicanalisi come "potente mitologia". Il carattere mitologico di una spiegazione risiederebbe nella "sua capacità di imporsi immediatamente come interpretazione universalmente valida, quella della quale siamo convinti a priori, per delle ragioni basate sul desiderio piuttosto che sulla riflessione."6 La psicanalisi in tal modo non giungerebbe alla formulazione delle leggi causali che potrebbero essere confermate da dati sperimentali. Secondo Wittgenstein, lo psicanalista è soprattutto alla ricerca di una "buona" storia che produrrà un effetto terapeutico. Invocare dei "processi inconsci" come ragioni causali ricorda a Wittgenstein le spiegazioni attraverso delle "masse invisibili" avanzate da Hertz per i casi che non erano spiegabili attraverso le sue leggi. Non si avrebbe a che fare con una legge naturale a priori, ma con una "norma di espressione" che noi stessi abbiamo fissato. Agli occhi di Freud, non è importante sapere se la scena primitiva - che può essere all'origine di una nevrosi - sia un avvenimento reale o immaginario in quanto l'illusione riporterebbe comunque alla storia degli antenati, all'eredità filogenetica. Non è quindi possibile verificare empiricamente queste ricostruzioni. Ma queste ricostruzioni sono accettate, secondo Wittgenstein, per l'enorme fascino che possiedono "come spiegazioni che devono essere vere, e non come ipotesi per le quali non è importante sapere se sono vere o no."7 Queste ricostruzioni permettono di spiegare gli avvenimenti dello stesso tipo di quelli dei miti, degli avvenimenti che sono dovuti succedere. Il sollievo che queste spiegazioni procurano somiglia a quello dei racconti che collegano gli episodi più problematici della vita dell'individuo ad avvenimenti mitici avvenuti in un'epoca lontana nella vita delle specie. Non è un caso se Freud si riferisce a dei miti, ma egli intende spiegarli. Egli pretende, secondo Wittgenstein "che le sue ricerche hanno adesso spiegato come chiunque abbia potuto concepire o proporre un mito di questo tipo".8 Agli occhi di Wittgenstein, Freud ha fatto qualcosa di differente. "Non ha dato una spiegazione scientifica del mito antico. Egli non ha fatto che proporre un nuovo mito. Il carattere affascinante che ha, per esempio, l'impressione che ogni ansia sia la ripetizione dell'ansia del trauma della nascita, è esattamente il carattere attraente che ha una mitologia."9 Wittgenstein intravede lo stesso tipo di pensiero nella nozione di "scena primitiva". La spiegazione delle nevrosi secondo tale origine darebbe una qualche configurazione tragica alla vita dell'individuo che sarebbe così determinata dal destino. La metapsicologia prevista da Freud non corrisponde quindi alla visione scientifica e positivista che egli intendeva darle, ma somiglia piuttosto ad una mitologia - cosa che non è in sé negativa; questo tipo di conoscenza che riporta ad un'altra forma di conoscenza, si rivela essere un'altra "forma simbolica", per riprendere la terminologia di Cassirer, una forma simbolica come la lingua o l'arte. Seconda parte Non è quindi un caso se Freud, oltre a sviluppare attraverso la psicanalisi un pensiero di tipo mitologico, abbia fatto ricorso molto presto ai miti dell'Antichità. Il suo nome resta così indissolubilmente legato alla figura mitologica di Edipo. Il complesso di Edipo è divenuto la nozione più popolare della psicanalisi. Il ricorso al mito di Edipo corrisponde all'abbandono della teoria della seduzione di Freud dopo il 1897. In un primo tempo, Freud aveva sviluppato la teoria della seduzione, le nevrosi ossessive erano così spiegate attraverso esperienze di seduzione passiva. In una lettera indirizzata a Fliess, egli abbandona tale teoria dopo aver scoperto che le scene di seduzione erano a volte il prodotto di ricostruzioni immaginarie; scoperta che porterà Freud a ricorrere al mito di Edipo. Nel corso della sua auto-analisi, dopo la morte di suo padre, Freud scopre in lui l'amore per sua madre ed un sentimento di gelosia verso suo padre e, riferendosi al dramma di Edipo, considera questo fatto come un fenomeno non soltanto individuale, ma universale: "il potere autorevole di Edipo re diventa intelligibile", scrive il 15 ottobre del 1897 a Fliess e continua: "il mito greco mette in evidenza una convulsione che ognuno riconosce di avere percepito in se stesso e nelle tracce della sua esistenza". Ogni spettatore riconosce in se stesso "un Edipo di questo tipo" che avrebbe comunque rinnegato. Nel suo libro L'interpretazione dei sogni (1900), Freud ritorna in maniera più esplicita sul mito di Edipo. L'impatto della vicenda, oggi come nell'antichità, non si spiega secondo lui attraverso queste qualità formali, ma con la materia : la vita intatta dell'inconscio si svolge sulla scena. Freud afferma allora, attraverso l'impatto del mito di Edipo, la sua validità al di là delle patologie. L'ossessione psiconevrotica non è, ai suoi
occhi, che un ingrandimento che fa vedere "quello che succede meno
chiaramente e meno intensamente nell'anima della maggior parte dei bambini".
Questa estensione sarebbe confermata dalla leggenda di Edipo: "L'antichità
ci ha trasmesso, a sostegno di tale principio, una materia mitica della
quale solo un'analoga validità generale nella psicologia del bambino
permette di comprendere l'efficacia assoluta e generalmente valida." In Totem e Tabù del 1912-1913, Freud metterà in evidenza la dimensione filogenetica della configurazione che si ritroverà nell'ontogenesi concepita come "il deposito di un'esperienza anteriore della specie". Il mito di Edipo "proietta una luce della quale non si è sognato - della quale si " sogna " - sulla storia della razza umana, sull'evoluzione della religione e della morale". Considerato come universale e fuori dal tempo, il complesso di Edipo appare così come l'organizzatore per eccellenza del desiderio umano. Le immagini del parricidio e dell'incesto sono presentate nel dramma così come sono nel sonno: "i nostri sogni esistono per convincerci di tutto questo." Il complesso di Edipo riveste così per Freud un carattere fondatore soprattutto attraverso l'ipotesi avanzata in Totem e Tabù secondo la quale l'uccisione del padre primitivo sarebbe all'origine dell'umanità, creando così il mito dell'orda primitiva nel quale i figli uccidono il padre. Questa tesi traduce la convinzione che ogni essere umano è una "gemma di Edipo". La validità del complesso di Edipo deriverebbe dal fatto che esso fa intervenire un'istanza proibitoria, (condanna dell'incesto) che chiude l'accesso alla soddisfazione naturale anelata e che lega così il desiderio e la legge. Questa concezione si ritrova in qualche modo in Lévi-Strauss che ne Le strutture elementari della parentela fa del divieto dell'incesto la legge universale e minimale della differenza tra " cultura " e " natura ". Secondo André Green, si può constatare l'onnipresenza del mito di Edipo nell'opera di Lévi-Strauss malgrado la sua avversione dichiarata verso la psicanalisi. Ci sono stati altri ricercatori che hanno provato di gettare dei ponti tra la psicanalisi e l'antropologia come, ad esempio, Bernard Juillerat che ha pubblicato le sue ricerche su un'etnia della Nuova Guinea con il titolo Edipo cacciatore. Una mitologia del soggetto in Nuova Guinea (1991). Terza parte Se la figura mitologica è assolutamente al centro della psicanalisi, Didier Anzieu ha esaminato in maniera sistematica la mitologia greca ed è giunto alla conclusione che circa un terzo di essa gira intorno all'allegoria edipica (assassini ed incesti). "Se leggiamo la mitologia greca così come ascoltiamo il discorso di un paziente, prendendo cioè il testo alla lettera, l'allegoria edipica ci appare nelle sue principali trasformazioni."10 Attraverso la sua analisi della mitologia greca, Anzieu conferma l'osservazione di Freud che il complesso di Edipo è "la condizione dell'educazione e della cultura, cioè del dominio del simbolo." 11 Ma il riconoscimento delle fantasie edipiche sarebbe da sempre stato difficile: "il risentimento edipico è esprimibile dalla coscienza solo attraverso il suo riflesso analogico nell'opera d'arte, nel racconto o nel rito, cioè per un tipo di linguaggio che è propriamente quello del mito."12 Il complesso di Edipo è il "complesso nucleare" nella teoria freudiana, e questo concetto è l'impronta maggiore della mitologia greca nella psicanalisi. André Green rinvia anche ad Oreste, Prometeo, Teseo, Eracle, Dioniso, Crono, Perseo che avrebbero subito il trattamento dello psicanalista. Lo stesso Freud ha provato ad interpretare il mito di Prometeo come anche la leggenda di Medusa incarnando la paura della castrazione. Ma le sue trattazioni non hanno avuto la risonanza enorme che ha avuto la nozione del "complesso di Edipo". Ma esiste un altro rinvio alla mitologia greca che ha fatto nascere una nozione importante della psicanalisi: la figura di Narciso che è all'origine del termine narcisismo. Il termine è apparso per la prima volta nel 1910 lo stesso anno, peraltro, in cui ha parlato per la prima volta del complesso di Edipo. Nel suo scritto Per introdurre il narcisismo (1914), Freud dice di aver preso in prestito il termine a P. Näcke (1899) che lo utilizza per descrivere una perversione. In una nota del 1920, egli precisa che il creatore del termine è H. Ellis. Näcke aveva coniano la parola Narzissmus, ma per commentare delle immagini di H. Ellis che, per primo nel 1898, aveva descritto ne L'Autoerotismo un comportamento perverso legato al mito di Narciso.13 Attraverso il termine di " narcisismo ",
Freud intendeva rendere conto della scelta dell'oggetto amato dagli omosessuali
: costoro " considerano loro stessi come oggetto sessuale ; partono
dal narcisismo e ricercano dei giovani che somigliano loro, che possano
amare come la loro madre ha amato loro stessi." La scoperta del narcisismo
conduce Freud a collocare l'esistenza di uno stadio dell'evoluzione sessuale
intermedio tra l'autoerotismo e l'amore-oggetto.
1 Jean Laplanche et J.-B. Pontalis, Vocabulaire de
la psychanalyse. Paris, P.U.F., 1973, p. 32. |