LA MITOLOGIA E L'ARTE
di Jacques de Courtils (Università di Bordeaux 3) - traduzione dal francese di Anna Gueli

 

La mitologia greco - latina, con il suo repertorio di avventure straordinarie, mostri immaginari, dei ed eroi, è stata per molti secoli una delle principali fonti di ispirazione degli artisti dell'Europa occidentale, al punto che è difficile comprendere una buona parte dei capolavori dell'arte europea se non si ha un minimo di conoscenza della mitologia antica.

Qualche richiamo storico permette di comprendere questo fenomeno.
Nel V secolo d.C., le "invasioni barbare" hanno messo fine all'Impero Romano d'Occidente: Roma è presa e distrutta, l'ultimo imperatore è destituito, il mondo antico crolla… Al suo posto nasce dolorosamente un mondo nuovo che sarà quello dell'Europa medioevale e moderna.

Questo mondo nuovo ha tuttavia conservato qualche resto di quello antico, come la lingua latina, che serve da base per una buona parte delle lingue europee moderne, ed il diritto romano, conservato e rimaneggiato dai giuristi e dai politici moderni.

Ma la scomparsa dell'istituzione imperiale romana coincise soprattutto con la vittoria definitiva del cristianesimo e dell'autorità del papa. La vittoria della nuova religione aveva già relegato al rango di folklore tutto l'apparato della mitologia antica, con le sue creature immaginarie e spesso mostruose (sfingi, grifoni quadrupedi con la testa di uccello, ecc.), i suoi dei con comportamenti poco divini (gli amori di Giove sono innumerevoli). L'abbandono delle credenze "pagane" fece sì che la Bibbia prendesse il posto dei racconti mitologici degli autori antichi. La nuova fede ispirò un'arte nuova. Le chiese presero il posto dei templi. La "Storia Santa" del popolo ebreo fin da Adamo ed Eva, e quella di Gesù, ma anche quella dei santi e dei martiri cristiani, fu illustrata da pittori, miniaturisti e scultori che fiorirono in Europa Occidentale, soprattutto all'epoca delle cattedrali… La rottura con l'antichità fu profonda: un intero repertorio iconografico sconosciuto dagli antichi Greci e dagli antichi Romani era nato e aveva sostituito quello antico.

Molto più tardi, al XV secolo, la civiltà dell'Europa medioevale conobbe un nuovo cambiamento radicale che diede una "seconda chance" all'antichità. La necessità di dare al papa ed al suo entourage una nuova collocazione, provocò infatti a Roma un'onda di lavori di costruzione, preceduti da demolizioni che permisero la scoperta della Roma antica sotto la città medioevale: le rovine della capitale antica, insieme ad innumerevoli sculture, uscivano da terra come per incanto! Una delle prime statue ad essere scoperte fu quella di Laocoonte ed i suoi figli, che illustra un episodio leggendario della Guerra di Troia, che ebbe un'eco immediata.

Questa scoperta improvvisa del mondo romano antico, insieme a quello del mondo greco che l'aveva profondamente influenzato, permise il loro "rinascimento". Il movimento, lanciato dal papa e dai grandi dignitari romani, si diffuse rapidamente in tutta l'Europa Occidentale: si ricominciò allora a studiare l'Antichità, grazie alle opere d'arte ma anche grazie alla lettura dei testi latini e greci che, conservati a lungo nelle biblioteche dei monasteri durante il Medioevo, ricevevano una diffusione molto più vasta grazie all'invenzione della stampa.

I più fortunati acquistavano a prezzi elevati le statue ed i bassorilievi esumati dal sottosuolo dell'Italia, i letterati disponevano di un accesso molto più comodo e meno costoso agli scritti antichi: l'Iliade e l'Odissea, con i loro intrecci di avventure eroiche e divine, le pièces teatrali greche e romane, che facevano intervenire gli dei in qualunque tipo di situazione, ma anche racconti puramente mitologici che descrivevano la genealogia o le vicende e le gesta degli "dei dell'Olimpo" e delle divinità secondarie: Cosmogonia di Esiodo, Metamorfosi di Ovidio o il trattato di mitologia conosciuto con il nome di Biblioteca di Apollodoro. Gli ambienti culturali si impregnarono rapidamente e profondamente della cultura greco - latina, e lo stesso fecero gli artisti.

Per questi ultimi, il rinascimento dell'antichità era provvidenziale in quanto esso moltiplicava le fonti di ispirazione all'infinito: un millennio di civiltà greco - romana aveva dato libero corso all'immaginazione degli antichi, tenendo anche conto del fatto che la religione dei Greci e dei Romani, poco strutturata, poco restrittiva e senza dogma, contrariamente alla religione cristiana, non poneva nessuna barriera e non esercitava alcuna censura.

Da allora, se l'arte cristiana continuò ad essere praticata, fu prevalentemente riservata alle chiese ed ai conventi, mentre i re ed i nobili nei loro castelli e nei loro palazzi, favorivano lo sviluppo dell'art nouveau. In Italia, che ne fu la culla, alcune città come Firenze e Venezia adottano la nuova tendenza mentre Roma, sede del pontificato, gioca il ruolo di guardiana dell'ispirazione cristiana: mentre Michelangelo decora la cappella Sistina con la famosa scena del Giudizio Universale, Botticelli dipinge per i Medici il famoso quadro raffigurante la nascita di Venere; e mentre lo stesso Michelangelo scolpisce il suo David inspirato al personaggio biblico, Benvenuto Cellini rappresenta un Perseo direttamente tratto dalla mitologia greca…

La diffusione delle nuove tendenze dal XV al XVII secolo fu così rapida e così generale da rendere impossibile di seguirne tutte le ramificazioni e fa sì che si possa solo fornire qualche esempio per illustrare le grandi tendenze. Gli uomini di lettere, i pensatori, i filosofi e gli scrittori, giocarono naturalmente un ruolo determinante. Lo stesso accadde per i musicisti: Claudio Monteverdi compose innumerevoli opere religiose ma è anche l'autore del Ritorno di Ulisse e di un Orfeo che mettono in scena dei racconti mitologici. Lully compose una nascita di Venere (1665), Psiche (1678), Phaëton (1683), e Rameau un Castore e Polluce (1737)…

I pittori e gli scultore sono evidentemente gli illustratori per eccellenza dei miti antichi. Alcuni episodi vengono preferiti dagli artisti e dal loro pubblico. Come la vicenda della bella Danae, visitata da Giove trasformato in pioggia d'oro, che viene rappresentata molte volte. Citiamo solamente i quadri di Mabuse oggi a Monaco o di Tiziano a Napoli. Rubens rappresentò la Lotta delle Amazzoni (1617, Monaco), Poussin i Pastori di Arcadia (Louvre).

Si tratta evidentemente di un tema licenzioso, pieno di sottintesi, anche se con qualche eccezione: alcuni quadri che ritraggono Giove in qualità di sovrano degli dei, sono delle opere che hanno il solo scopo di decorare, ma anche di esaltare il potere reale, come ad esempio l'Assemblea degli dei dipinto da G. Penni nel 1518 (villa Farnesina). A Versailles nel secolo successivo, le fontane del parco sono decorate di sculture monumentali rappresentanti il dio marino Nettuno ed il suo seguito di divinità delle acque, o l'episodio di Latone ed i suoi figli, Diana ed Apollo, che trasforma i contadini di Licia in rane: la lettura allegorica di queste opere permette di riconoscere un'allusione allo stesso Luigi XIV (Apollo). Nel XVIII secolo, i re di Napoli ornarono il parco della loro reggia di Caserta con un gruppo di sculture che mostrano Diana ed il suo seguito che trasformano lo sfortunato pastore Atteone in cervo affinché venga divorato dai suoi cani.

Accanto a queste opere di pittura, scultura, musica, di artisti celebri, non bisogna dimenticare le arti decorative: oltre all'oreficeria e agli smalti, c'è soprattutto la tappezzeria, murale o dell'arredamento, che riproduce delle scene mitologiche. Quest'ultima beneficia della possibilità di rappresentare sotto forma di "suite" gli episodi successivi di una stessa storia, come per esempio le avventure di Psiche illustrati dalle tappezzerie di Aubusson della fine del XVI secolo.

Un repertorio minore accompagna queste creazioni: creature mitologiche come sfingi, atlanti e cariatidi, cupidi alati, compaiono infatti nell'arte dell'arredamento (sculture di poltrone ed altri mobili, pendoli con scene mitologiche in bronzo) o nell'architettura (colonne o supporti di balconi, canne d'organo…)…

Si nota anche che accanto all'ispirazione cristiana, l'arte dell'Europa classica fu interamente intrisa di reminiscenze mitologiche illustrate in diversi contesti, dal capolavoro dell'artista celebre fino al semplice decoro del mobile o nella ristrutturazione di case aristocratiche e borghesi.

I capolavori in questione si prestano a varie interpretazioni ma pare che, al passare del tempo, essi abbiano progressivamente perso la carica simbolica o intellettuale che avevano alla nascita del Rinascimento. All'inizio le opere avevano infatti assunto il ruolo di interpreti mascherate della rivendicazione dell'autonomia della persona e del pensiero intellettuale contro l'influenza della religione cristiana. È così, probabilmente, che possiamo interpretare l'enigmatica sfinge che accoglie i visitatori al castello di Urfé (Loira), costruita nel XVI secolo per il cardinale di Ufré che era un adepto delle nuove idee. Ma, nel corso dei tempi, questa carica intellettuale si attenua a profitto di un simbolismo meno complesso, si tratta spesso della semplice esaltazione del potere politico (Giove che rappresenta il re), o di una semplice funzione decorativa dietro la quale occorre sempre cercare delle interpretazioni di natura intellettuale, politica o religiosa.

D'altra parte, va da sé che il repertorio mitologico, con le sue numerose creature femminili e le innumerevoli avventure amorose, permetteva l'espressione artistica di un erotismo che l'iconografia cristiana non offriva e che la morale cristiana condannava per principio. Ne è una testimonianza il successo che ebbe il tema dell'"amore degli dei": gli artisti illustrarono spesso gli innumerevoli episodi di conquista amorosa degli dei mitologici: Zeus (il Giove dei Romani) si trasformò in cigno per conquistare Leda, in pioggia d'oro per sedurre Danae, in aquila per portare via Ganimede, in toro bianco per conquistare e rapire Europa… Esempi di scene simili si trovano a Roma, alla galleria Carraccio di Palazzo Farnese o sul soffitto (oggi distrutto) della villa dei Medici.

Sfruttato a partire dal Rinascimento, il repertorio mitologico cominciò a stancare a partire dal XVIII secolo. A quell'epoca dei temi nuovi, maggiormente legati alla vita quotidiana, apparvero, e gli dei antichi furono a poco a poco dimenticati. Le opere che li ritraggono diventano sempre più rare. Citiamo qualche esempio italiano e francese: G. Tiepolo li introduce negli affreschi della Villa Valmarana (1757), C. van Loo dipinge le Grazie, F. Boucher mette in scena a più riprese Venere in diversi atteggiamenti (mentre fa il bagno, nella fucina di Vulcano): semplici pretesti per rappresentare il corpo femminile…

La Rivoluzione francese e le sue ramificazioni europee ebbero delle conseguenze contraddittorie in questo campo: la decristianizzazione portò un ritorno del favore per la civiltà antica pre-cristiana, ma la comparsa di un mondo nuovo spingeva a guardare verso l'avvenire piuttosto che verso il passato: accanto ad Ingres che rappresentò Giove e Teti (1811), e a Delacroix che rappresentò Apollo sul soffitto dell'omonima galleria del Louvre, le rappresentazioni mitologiche cominciano a rarefarsi e Saturno che divora i suoi figli di Goya (1822) è una sorta di caricatura terrificante degli dei antichi… Nonostante si possano ancora citare due famose statue di Bourdelle: l'Eracle con l'arco (1909) ed il Centauro morente (1914), ma anche Ettore ed Andromaca di de Chirico (1917), è chiaro che gli dei sono usciti dal repertorio di pittori e scultori. Nella musica la loro sorte non è migliore (Le rouet d'Omphale di C. Saint-Saëns, Arianna a Naxos di R. Strauss). Essi resistono ancora alla meno peggio nella letteratura e nel cinema (pensiamo a Giraudoux, Cocteau, alla trasposizione del mito di Orfeo in America Latina nell' Orfeu Negro)…

Per l'europeo di oggi la mitologia antica non fa più parte delle principali fonti di ispirazione artistica. Ma ciononostante, essa rimane un chiave assolutamente indispensabile per comprendere le opere del patrimonio classico nelle quali essa è onnipresente: non conoscere i grandi episodi o i grandi nomi della mitologia, significa condannarsi a non poter comprendere l'eredità culturale di cui l'Europa del XXI secolo è depositaria.